23 - Ceramica lionata

La ceramica lionata propriamente detta costituisce un insieme composito in cui si inseriscono, senza distinzione, ceramiche ingobbiate monocrome di epoca tarda con o senza decorazione graffita. La vetrina di rivestimento è in genere una lucida vetrina bruna in vane tonalità - anche se si conoscono diversi esemplari invetriati in verde - e l’insieme ha le caratteristiche di un comodo contenitore destinato a raccogliere tutte le tipologie graffite monocrome prima di procedere al loro esame: esse andranno poi suddivise in base alle caratteristiche specifiche, ed all’eventuale dato cronologico, descritte nei punti precedenti con l’ovvia eccezione della policromia. Avremo quindi una graffita monocroma tipo San Bartolo di area veneta 162, una graffita monocroma arcaica dalle carattenistiche decisamente attardate con rari esemplari attestati a Pavia ed in Emilia-Romagna 163 una graffita monocroma quattrocentesca a fondo ribassato con isolati esempi dei sottogruppi più recenti dal Mantovano 164, una graffita monocrorna quattrocentesca a decori semplificati attestata a Pavia in modeste quantità e probabilmente con una minima diffusione nella Lombardia occidentale 165 e diversi esemplari pertinenti ad una graffita monocrorna rinascimentale pro­venienti dalla Lombardia meridionale, dall’area emiliano-romagnola e dal Veneto 166. Se una graffita monocrorna cinquecentesca a decori semplificati sembra sconosciuta, per le tipologie a stecca o a punta e stecca del XVI secolo sono noti parecchi scarti d’uso invetriati in verde od in bruno - quelli rivestiti da vetrina incolore sono stati trattati ai punti precedenti - ed un certo numero di scarti di fornace: per la graffita monocroma a decori azzimini  si conoscono scarti di fornace riferibili soprattutto alla fase A  a San Giovanni in Persiceto e scarti d’uso da Bologna 167 a cui si aggiunge gran copia di materiali veneti, invetriati in genere in verde, riconducibili soprattutto a Venezia 168 e diffusi anche in ambito lombardo 169. Un discorso analogo, ma in senso inverso, può essere fatto per la graffita cinquecentesca e seicentesca a punta e a stecca di cui abbiamo già discusso al punto 13 di cui si conoscono materiali invetriati di verde di chiara produzione emiliano/ferrarese presenti in gran quantità a Rovigo - ed il fatto non deve stupire visti rapporti politici ed economici che hanno sempre legato la capitale del Polesine veneto a Ferrara - a cui si aggiungono esemplari invetriati in bruno chiaro da Concordia Sagittaria 170. I vasellami lombardi mostrano chiaramente contatti con quelli ferraresi, ma talvolta un uso più elegante della punta 171. Tornando nel Veneto la graffita monocroma inscritta invetriata in bruno è rappresentata da una scodella quasi completa con la scritta BIGOLI 172 e pochi frammenti, in genere di modeste dimensioni, che suggeriscono una importanza quantitativa molto ridotta relativamente confrontabile con il successo della graffita cinquecentesca e seicentesca a fondo ribassato rinvenuta soprattutto nella Lombardia meridionale, ma a cui sono riconducibili esemplari emiliani con il particolare sistema di ombreggiatura a stecca che abbia­mo già incontrato parlando delle graffite policrome 173. Effettivamente riferibili alla ceramica lionata sono gli scarti d’uso di una graffita monocroma cinquecentesca e seicentesca a punta sottile decorata a cherubini o assimilabile proveniente da Verona, dal Veronese e dalle aree contermini 174  a cui si aggiunge più di un esemplare da Bergamo 175

Tuttavia col termine di lionate si intendono tra le graffite soprattutto quegli esemplari prodotti in gran quantità per le comunità conventuali ed ornati - il termine è relativo - con lo stemma dell’ordine, le semplici iniziali dell’intitolazione del convento o motivi generici a carattere religioso, come il trigramma di San Bernardino, oppure assolutamente neutri. La quantità e la diffusione del materiale rinvenuto in Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia è tale da rendere inutile qualsiasi approfondimento se non a livello di qualche aspetto particolare come la presenza di materiali datati specie relativi al XVII secolo 176  e l’evoluzione a Belluno dove ceramiche monocrome generalmente brune, decorate con rozzi frulloni ed altri semplici motivi geometrici realizzati a punta sottile e/o a stecca, devono avere ispirato una variante locale dello Slip Painted Ware in cui l’apparenza dei motivi risparmiati viene resa da larghe pennellate di ingobbio. 

Un particolare accenno merita il caso di Pavia dove le vane tipologie di graffite monocrome - specie quelle invetriate in bruno - hanno monopolizzato l’attenzione del mercato locale per lungo tempo, sostituendosi con successo alle graffite policrome con materiali di qualità piuttosto alta. Abbiamo quindi esempi di graffita monocroma cinquecentesca e seicentesca a punta sottile con motivi che spaziano dalla croce su monticelli - del resto diffusa in molti altri ambiti geografici - alle scodelle in graffita pavese con motivi religiosi e santi e dottori della chiesa di alta qualità databili alla prima metà del XVII secolo 177. Compaiono in epoca successiva anche soggetti figurati profani a punta 178 giustificando la comparsa di quella piccola serie di pezzi graffiti a punta e stecca con una cura quasi maniacale raccolti sotto il nome di Cuzio e recanti date comprese tra il 1676 ed il 1694 179. Tre sono i Cuzio ricordati dalle iscrizioni sui piatti, ma solo al nome di Antonio Maria Cuzio è associata per esteso, come osserva il NEPOTI, la parola FECIT.