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Graffita quattrocentesca a fondo ribassato
G.L. Reggi,
nell’introduzione sul catalogo della mostra di Modena del 1971, parlava di
un intervallo di crisi evolutiva nell’evoluzione della ceramica graffita e,
quindi, di una cesura tra il periodo
arcaico, conclusosi nei primi decenni del XV secolo, e la grande stagione
del periodo rinascimentale
28. Più
recentemente S. GELICHI, prendendo in esame il problema dal punto di vista
archeologico, ha identificato come chiave di una analoga fase di passaggio la
trasformazione del reticolo, caratteristico della graffita arcaica evoluta, in un
fondo ribassato ottenuto asportando l’ingobbio del rivestimento con un
fitto tratteggio parallelo a punta ed ha denominato il gruppo risultante come graffita
prerinascimentale 29. Lo scrivente, preferendo definizioni
autoesplicanti e memori per quanto possibile delle conoscenze e delle
terminologie tradizionali, utilizza il termine - visto il permanere di tale
gusto, specie a Treviso ed a Venezia, anche nel secolo successivo 30
- di graffita quattrocentesca a fondo
ribassato
privilegiando in tal modo l’aspetto tecnico e cronologico. Le due
denominazioni non sono esattamente coincidenti dal punto di vista cronologico:
infatti la prima è stata chiaramente collocata dal suo ideatore nel secondo e
nel terzo quarto del XV secolo 31. La seconda non solo comprende la graffita
prerinascimentale ed esempi di fondo
ribassato con fittissimo tratteggio incrociato od a tecnica mista 32,
ma si estende fino ad includere, verso la fine dello stesso secolo, quelle
produzioni di transizione in cui il fondo
ribassato è stato relegato in bande, cornici o semplici elementi di
riempimento 33. Un ulteriore aspetto è costituito dai rari pezzi
realizzati con la stessa mano e con i medesimi motivi di quelli a
fondo ribassato, ma sui quali non si riscontra alcuna traccia di
lavorazione degli sfondi: si tratta di esemplari strettamente connessi con La graffita
prerinascimentale e si propone qui di inserirli in questo gruppo per
maggiore
comodità e sicurezza viste anche le ridotte dimensioni di molti dei frammenti
sopravvissuti.
Scarti di fornace di questa tipologia provengono da Castelfranco
Emilia, Bologna, Ferrara e Cento 34
mentre nel Veneto, dove alla bicromia tradizionale giallo-ferraccia /
verde-ramina si aggiunge il viola di manganese, sono segnalati da Padova dove
sono presenti anche scarti di cottura relativi ad una fase matura non priva
di contatti con l’arte incisoria 35, da Venezia, da Treviso
36 e,
almeno per la fase tarda, da Legnago 37
e nuovamente da Treviso 38 con
un probabile allargamento a comprendere Vicenza tra i centri di produzione 39.
Di contro perfino gli stessi scarti d’uso non sono frequenti in Lombardia ed
una eccezione a tale riguardo è proprio Mantova, da cui provengono un largo
frammento di piatto del tipo comunemente detto “ferrarese” ed un boccale dal
ventre sferico il cui contesto di rinvenimento ed i soggetti decorativi
fanno pensare a dei vasellami espressamente ordinati in occasione del
congresso dei principi cristiani convocato nel 1459 da papa Pio il Piccolomini. |